Testi Idiomatici

Aratura
(Chorio Vunì)

1. Tò protinò kànnomen din argasìan du khorafìu. Poi to diplònnome mme ta vùdia ce t' àlatro. Ta vùdia ekhun do z‑ziĝò c' ecina serrun d' àlatro, to tavrùn.

2. T' àlatron ekhi to èlima c' ecì ekhi to ni. To ni kanni t' avlaci.

3. Sam bate n' alàete ena kkhorafin, do piànete katthen ji anu.
Kànnete t' avlàcia kataò ce katacì, fina1 pu tegliònnete to khorafi.

4. Sa en' gatèforo, kànnete lijes ortade, ja na mi khàete keròm boddhì. To argò to skàstete me to tsappuni. Kànnete sporìe ce spèrrete to sitari. Ecinon apoi spuntei2 ce kanni to protinò fiddhuci, apoi kanni to kannici, apo' kanni t' astakhuci, san esscistakhonni. Apoi cin' d' astakhuci kanni to kuccìn asscè sitarin, asscè krithari.

5. San d' astakhucin en' èsperon, 'en èpiaen guccì, kràz-zete miiĝòstakho. T' astakhucin ekhi tin athera. Ekhi to sitarim bu kanni tin athera mmavrin, ekhi cinom bu kanni tin atheran aspri.

6. San do sitarin ekhi to kulurin3 du khrusafìu, to therìz‑zome mme ta drapània.

7. Kànnome ta dràmama, ta delèĝomen ge ta kànnome tthimonìa. T' alonìz‑zome mme ta vùdia. Cina serrun do lithari. Kànnomen ena z‑zimma dio z‑zìmmata, trìa. Plen èkhete, plen gànnete.

8. San d' alonìsete, poi to fisàete to sitari mme ta tridèntia4.
Piànnete t' àkhero me ta tridèntia ce to fisàete. San den ekhi àkherom biànnete to thtiari ce to jirìz‑zete kataò ce katacì ce to fisàete. Apoi5 to vàddhete sto dremoni ce to dremonìz‑zete ce petti to sitari ce menun da khalùcia, i kombi, ta litharùcia, ola cin' da delèmmata tu dremonìu. To sitarin do pèrrete sto spiti.

1 Dall'italiano fino

2 Dall'italiano spuntare

3 Dall'italiano colore

4 Dall'italiano tridente

5 Dall'italiano poi

1. Prima facciamo la prima aratura del campo. Dopo facciamo la seconda aratura con i buoi e l'aratro. I buoi hanno il giogo e strisciano l'aratro, lo tirano.

2. L'aratro ha il vomere dove c'è lo scalpello. Lo scalpello fa il solco.

3. Quando andate ad arare un terreno, lo prendete dal basso verso l'alto.
Eseguite i solchi di qua di là, fino a che finiate il campo.

4. Se il terreno è in discesa, eseguite alcuni solchi perpendicolari, per non perdere molto tempo. La parte non arata del terreno la scavate con la zappa. Fate delle sporìe* e seminate il grano. Quello poi germoglia e fa la prima foglietta, dopo fa lo stelo e poi fa una piccola spiga, quando si sgrana. Quella spighetta fa poi i chicchi di grano, di frumento.

5. Se la spiga è vuota, non ha fatto chicchi, e si chiama miiĝòstakho**. La spiga ha la barba. C'è il grano che fa la barba nera e quello che fa la barba bianca.

6. Quando il grano ha il colore dell'oro, lo mietiamo con le falci.

7. Facciamo i covoni li assembliamo e facciamo la bica. Lo trebbiamo con i buoi. Quelli traiano la mola. Faciamo una "aiata"***, due “aiate”, tre. Più ne avete di covoni più dovete fare di “aiate”.

8. Quando l'avete trebbiato, soffiate il grano con i tridenti. Prendete la paglia con il tridente e lo soffiate.
Quando non c'è più paglia, prendete la pala e fate girare il grano di qua e di là e lo ventilate. Dopo lo mettete sul setaccio e lo setacciate e cade il grano e restano i cascami, i nodi, le pietrine, tutto quello che raccoglie il setaccio. Il grano lo portate a casa.

* N.d.T. Parti del campo separate da un solco, prima di seminare

** N.d.T.: spiga atrofica

*** N.d.T.: quantità di covoni che poteva contenere l'aia